31 Maggio 2019
APICOLTURA : PRODUZIONE PRIMAVERILE AZZERATA ANCHE IN VALLE

Le modifiche generali del clima stravolgono il periodo primaverile e, con esso, le abitudini delle api. Ne risentono, naturalmente, gli apicoltori che vedono drastiche riduzioni della produzione. Il 2019 verrà ricordato, certamente, come il peggior anno in assoluto. Nella nostra regione i produttori di miele sono circa 500, con oltre 7000 alveari che producono, in una annata normale, circa 1000-1200 quintali di prodotto. Produzione che – al momento – è praticamente azzerata. “ Le api mangiano più di quello che producono” ci dice Marcello Merivot – tra gli apicoltori più strutturati – “ non trovano cibo, fanno prodotto di giorno e di notte lo consumano per sopravvivere”. La situazione è simile in tutta Italia e anche in buona parte d’Europa, “ ho amici in Francia, nei pressi di Lione,” – continua Merivot - “che mi raccontano di aver subito danni di decine di arnie morte di fame, una situazione che non si ricorda a memoria d’uomo. Anche in Valle la produzione primaverile è totalmente persa, la speranza di un parziale piccolo recupero sta nella transumanza estiva. In estate portiamo le api in montagna e, solo grazie ad una stagione estiva particolarmente positiva, si potrà tentare di recuperare qualcosa, aspettiamo la fioritura del castagno ma l’acacia è completamente persa”. Lo scorso anno la produzione nazionale è stata di 22.000 tonnellate, per 1,2 milioni gli alveari curati da 45.000 apicoltori tra hobbisti e professionali con un valore stimato in più di 2 miliardi di euro per l’attività di impollinazione alle coltivazioni. Esistono più di 50 varietà di miele a seconda del tipo di “pascolo” delle api: dal miele di acacia al millefiori (che è tra i più diffusi), da quello di arancia a quello di castagno (più scuro e amarognolo), dal miele di tiglio a quello di melata, fino ai mieli da piante aromatiche come la lavanda, il timo e il rosmarino. Rilevanti sono le importazioni dall’estero che nel 2018 sono risultate pari a 27,8 milioni di chili in aumento del 18% rispetto all’anno precedente. Quasi la metà di tutto il miele estero in Italia arriva da due soli paesi: Ungheria con oltre 11,3 milioni di chili e la Cina con 2,5 di chili ai vertici per l’insicurezza alimentare. Il miele prodotto sul territorio nazionale dove non sono ammesse coltivazioni Ogm (a differenza di quanto avviene ad esempio in Cina) è riconoscibile attraverso l’etichettatura di origine obbligatoria fortemente sostenuta dalla Coldiretti. La parola Italia deve essere obbligatoriamente presente sulle confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale mentre nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell’Unione Europea, l’etichetta deve riportare l’indicazione “miscela di mieli originari della CE”; se invece proviene da Paesi extracomunitari deve esserci la scritta “miscela di mieli non originari della CE”, mentre se si tratta di un mix va scritto “miscela di mieli originari e non originari della CE”. Ma la preoccupazione non è legata solo alla produzione del miele poiché prodotti come mele, pere, mandorle, agrumi, pesche, kiwi, castagne, ciliegie, albicocche, susine, meloni, cocomeri, pomodori, zucchine, soia, girasole e colza dipendono completamente, o in parte, dalle api per la produzione dei frutti. Ma le api sono utili anche con l’azione impollinatrice che svolgono nei confronti delle colture foraggere da seme come l’erba medica e il trifoglio, fondamentali per i prati destinati agli animali da allevamento. Anche la grande maggioranza delle colture orticole da seme, come l’aglio, la carota, i cavoli e la cipolla, si può riprodurre grazie alle api.