27 Dicembre 2010
COLDIRETTI FAVOREVOLE AL BANDO DELLE BUSTE DI PLASTICA DAL PROSSIMO PRIMO GENNAIO

Ci vogliono almeno 200 anni per decomporre le buste di plastica ed è importante la decisione di non perdere ancora tempo prezioso e farle uscire al piu’ presto dal mercato come è già stato fatto in altri Paesi. E’ quanto afferma anche la Coldiretti Valle d’Aosta nell’esprimere apprezzamento per la decisione del Consiglio dei Ministri  di confermare lo stop all'utilizzato dei sacchetti di plastica dal 1 gennaio 2011, senza proroghe.
La Coldiretti Valdostana ha aderito, sia nel 2009 che nel 2010, alle iniziative che l’Assessorato Regionale all’Ambiente  ha voluto mettere in campo nella settimana europea per la riduzione dei rifiuti con conferenze a favore della diffusione del cibo a kmzero ma anche fattivamente, con il mercatino “Lo Tsaven -  Campagna Amica” , proponendo già dallo scorso anno le biobuste, completamente biodegradabili e compostabili.
Il mercatino si svolge, come noto, la seconda domenica di ogni mese sotto i portici di piazza Chanoux, ad Aosta.
L’impegno agricolo è fondamentale afferma il direttore della Coldiretti Valdostana Ezio Mossoni  “sia per la diffusione dei “bioshoppers” che  per la produzione delle materie prime con le quali le biobuste stesse vengono realizzate. Infatti con mezzo chilo di mais e un chilo di olio di girasole è possibile produrre circa 100 bustine di bioplastica non inquinante”. “Certo – prosegue Mossoni – la soluzione ideale sarebbe abituare il consumatore ad utilizzare buste riciclabili, di qualsiasi materiale, ma che possano durare nel tempo. Coldiretti ha aderito – a livello Nazionale – alla campagna “porta la sporta” con la quale si invitano i consumatori a tornare all’abitudine di portarsi la borsa per la spesa”
Gli italiani - precisa la Coldiretti - sono tra i massimi utilizzatori in Europa di shoppers in plastica con un consumo medio annuale di 300 sacchetti a testa. In Italia arriva un quarto dei 100 miliardi di pezzi consumati in Europa dove vengono importati per la maggioranza da paesi asiatici come la Cina, Thailandia e Malesia. Il 28% di questi sacchetti diventa rifiuto e va ad inquinare l’ambiente in modo pressoché permanente poichè occorrono almeno 200 anni per decomporli.  

Il problema non si limita a quello che si vede tra i rifiuti delle città, ma occorre pensare, per esempio, a quello che accade nei fiumi italiani e più in generale del mondo, quando le sponde ad ogni piena si trasformano in vere discariche; oppure alle isole di plastica degli oceani dove per un gioco di correnti si accumulano quantità enormi di rifiuti plastici galleggianti che quando si degradano avvelenano le catene alimentari, uccidendo migliaia di animali e soffocando gli organismi sul fondo dei mari. Sulla terraferma spesso i rifiuti di plastica sono bruciati e ciò comporta l’emissione di sostanze clima-alteranti come l’anidride carbonica e inquinanti come le diossine, composti pericolosissimi per la salute dell’uomo e dell’ambiente. Inoltre, l’inquinamento derivante dai sacchetti non è legato solo allo smaltimento, ma anche alla produzione. Si stima, infatti, che per produrne 200 mila tonnellate vengano bruciate 430 mila tonnellate di petrolio.