29 Febbraio 2012
IMU SUI FABBRICATI RURALI – ECCO COSA CAMBIA

IMU SUI FABBRICATI RURALI – ECCO COSA CAMBIA     Pesante impatto sul settore agricolo

QUANTO SI PAGA 
il decreto “Salva Italia” ha anticipato l’entrata in vigore dell’imposta municipale propria. Pertanto dal 2012 al 2014  tale imposta viene applicata in tutti i Comuni del territorio nazionale in via sperimentale per poi consolidarsi con quella che viene chiamata Imposta Municipale Unica ( IMU)
Vogliamo tornare sull’argomento in quanto si tratta di una imposta che avrà un impatto molto pesante sul settore agricolo, una nuova imposta che sconvolge anche il concetto – che secondo noi è invece sacro – che il valore dei fabbricati rurali deve essere visto in tutt’uno con la terra e quindi non ha senso dare al fabbricato un valore (e quindi applicargli un’imposta) indipendentemente dal terreno e tutto deve, quindi necessariamente, essere ricondotto al reddito agrario ma tant’è questa è la nostra convinzione, non quella di chi, in questo momento, cerca di far cassa da ogni dove.
Iniziamo col dire che l’imposta si applica a terreni e fabbricati ma che – anche grazie all’intervento deciso di Coldiretti – è stata mantenuta la norma che esonera dal pagamento i terreni agricoli posti nelle zone montane e, quindi, la nostra Regione è pressoché completamente, esente dall’imposta, anzi – in riferimento ai terreni – andiamo a guadagnare (cifre ridicole) rispetto alla vecchia norma. E’semplice,  l’IMU sostituisce l’Irpef e quindi sui redditi dominicali non pagheremo l’Irpef e nemmeno l’IMU ma si tratta di cifre tendenti allo zero, vista l’entità delle nostre aziende e le caratteristiche agronomiche dei terreni montani. Per onore di cronaca, anche se non direttamente interessati, vogliamo ricordare che Coldiretti ha intrapreso una battaglia – molto probabilmente vincente – per far pagare, in pianura, aliquote ridotte ai coltivatori diretti rispetto a chi fa della terra altro uso.
Ma veniamo ai fabbricati: l’imposizione interessa anche l’abitazione principale e le pertinenze della stessa. Per abitazione principale – a differenza dell’ICI – si intende l’immobile iscritto o iscrivibile al catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare nella quale il possessore dimora  abitualmente e risiede  anagraficamente. Per pertinenze dell’abitazione  principale si intendono esclusivamente quelle classificate nelle categorie catastali c/2, c/6 e c/7 nella misura massima di una unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte a catasto unitamente all’unità ad uso abitativo. Sulla base di tali norme l’intervento di Coldiretti è stato, naturalmente, quello di tutelare il patrimonio agricolo cercando di differenziare  gli immobili strumentali all’attività agricola (depositi agricoli, rimesse agricole, stalle, fienili, ecc)  da quelli utilizzati come rendita patrimoniale. Anche da questa forte presa di posizione è stato possibile ridurre l’impatto attraverso una diminuzione dell’imposizione sui fabbricati.
Il conteggio si basa su sue elementi principali, l’aliquota e il valore dell’immobile. L’aliquota di base dell’imposta è lo 0,76%. I Comuni, con propria deliberazione possono aumentare o diminuire l’aliquota sino a 0,3 punti percentuali. Tuttavia l’aliquota è ridotta allo 0,4  per cento per l’abitazione principale e le relative pertinenze. Anche in questo caso i Comuni possono ridurre o aumentare l’aliquota sino a 0,2 punti percentuali. Questa regola è valida anche per i fabbricati rurali considerati abitazione principale del conduttore e relative pertinenze. Nondimeno i fabbricati rurali ad uso strumentale  scontano – come detto anche grazie all’intervento di Coldiretti - una aliquota ridotta dello 0,2 % e, anche in questo caso i Comuni possono modificare l’aliquota, ma solo in diminuzione, fino allo 0,1 %.
Il secondo elemento di calcolo, come detto, è il valore dell’immobile che è costituito applicando all’ammontare delle rendite risultanti a catasto vigenti al primo gennaio dell’anno dell’imposizione rivalutate del 5 per cento e applicando i seguenti moltiplicatori: 160  per i fabbricati  classificati nel gruppo catastale A  e nelle categorie C/2, C/6, e C/7 con esclusione della categoria A/10; 140 per i fabbricati classificati nelle categorie catastali B e nelle categorie C/3, C4 e C/5: 80 per i fabbricati classificati nella categoria A/10;  60 per i fabbricati classificati nelle categorie D ( quindi anche i D/10 agricoli)  con l’eccezione della categoria catastale D/5 – tale coefficiente sarà elevato a 65 a decorrere già dal prossimo anno; 55 per i fabbricati  classificati nella categoria catastale C/1.

OBBLIGHI CATASTALI :
Altra partita – anche se strettamente collegata - quella dei rapporti con il catasto. Infatti il pagamento dell’imposta su tutti i fabbricati rurali presuppone che gli organismi preposti possano fare, evidentemente, i controlli; visto che esiste ancora una buona parte di fabbricati rurali che sono iscritti al catasto terreni tali immobili andranno accatastati attraverso la normale procedura tecnica – che presuppone l’intervento di un tecnico abilitato -  entro il 30 novembre di quest’anno.
Ultima partita è quella che offre la possibilità – entro la fine del mese di giugno -  di variare la categoria catastale a tutti quegli immobili che pur avendo i requisiti di ruralità sono stati accatastati in categorie diverse. I Comuni, in virtù di sopravvenuta giurisprudenza, potrebbero – infatti -  avviare eventuali accertamenti sui periodi pregressi, vale la pena ricordare che la legge non impone nulla ma si tratta di una “opportunità” . Non è obbligatorio accatastare ma – evidentemente – in difetto si perde l’occasione per mettersi al riparo da eventuali contestazioni e mantenere, anche per eventuali futuri interventi legislativi, le caratteristiche di ruralità.